Democrazia e partecipazione
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Democrazia e partecipazione
Se ne parla spesso nei telegiornali, sotto elezioni, poi nulla. Le lamentele invece, non si fermano.
Negli ultimi anni, l'affluenza alle urne in Italia è progressivamente calata, raggiungendo il minimo storico nelle elezioni politiche del 25 settembre 2022. Secondo i dati ufficiali del Senato della Repubblica, su 46 milioni di aventi diritto, ha votato solo il 63,9%. Considerando che il partito più votato, Fratelli d’Italia, ha ottenuto circa il 26% dei voti validi, significa che solo il 16,6% degli aventi diritto ha effettivamente scelto il partito di maggioranza relativa. Se allarghiamo la prospettiva all’intera popolazione italiana (circa 60 milioni di persone), questa percentuale si riduce ulteriormente.
A questo punto sorge una domanda: possiamo ancora parlare di espressione della maggioranza in un sistema in cui meno di un cittadino su cinque ha effettivamente scelto il governo in carica? O stiamo scivolando verso una democrazia "formale", dove pochi decidono per tutti?
Se la democrazia è il governo della maggioranza, la progressiva disaffezione al voto riduce sempre più il principio di rappresentatività. Il problema non è solo formale, ma sostanziale: un sistema in cui sempre meno persone partecipano è più vulnerabile a derive oligarchiche, perché il potere effettivo finisce nelle mani di una minoranza sempre più ristretta e organizzata.
Alcuni Paesi, come il Belgio, hanno adottato l'obbligo di voto, con sanzioni per chi non si presenta alle urne. Il risultato è un’affluenza costantemente superiore all’85% e una maggiore rappresentatività del voto popolare.
L’idea di rendere il voto obbligatorio è spesso criticata con l’argomento che molte persone voterebbero senza informarsi, peggiorando la qualità delle scelte elettorali. Ma è davvero così?
La realtà è che il problema dell’elettore poco informato esiste già. Non è affatto garantito che chi vota oggi lo faccia con piena consapevolezza. Al contrario, la cultura politica attuale è spesso basata su emozioni, propaganda o tradizioni familiari più che su un reale approfondimento dei programmi politici.
L’obbligo di voto potrebbe invece essere visto come un primo passo verso un’evoluzione generazionale, in cui la partecipazione diventa parte integrante della coscienza civica. Inizialmente, chi è obbligato a votare potrebbe farlo senza grande consapevolezza, ma col tempo la partecipazione forzata potrebbe innescare un processo di maturazione democratica.
Nel corso della storia, molte norme imposte sono poi diventate prassi condivise: dall'istruzione obbligatoria alle cinture di sicurezza, l’imposizione iniziale ha spesso portato a un cambiamento culturale. Perché non dovrebbe accadere lo stesso con il voto?
L’altra grande critica al voto obbligatorio è che limiterebbe la libertà individuale. Ma in una democrazia, la libertà non è solo un diritto individuale, è anche un dovere collettivo. Se vogliamo beneficiare di un sistema democratico, dobbiamo anche contribuire al suo funzionamento.
L’esempio della galea aiuta a comprendere il concetto:
Se tutti remano, la nave avanza con equità e sforzo condiviso.
Se alcuni smettono di remare, gli altri devono faticare di più per mantenere la rotta.
Se troppi smettono, la nave va alla deriva.
Ma chi non rema gode comunque del viaggio e della protezione della flotta.
Allora, la domanda diventa: chi ha il diritto di beneficiare della democrazia senza parteciparvi?
Se si accetta che la democrazia è un sistema di appartenenza collettiva e non solo un’opzione personale, ha senso considerare il voto obbligatorio non come una forzatura, ma come un meccanismo di responsabilizzazione civile.
Cosa ne pensate? Il voto obbligatorio potrebbe migliorare la qualità della democrazia in Italia, oppure sarebbe una misura coercitiva che non risolve i problemi alla radice? Soprattutto, avete altri punti di vista da aggiungere alla discussione?
"Un uomo che non si interessa dello Stato non lo considero innocuo, ma inutile." Pericle.
Negli ultimi anni, l'affluenza alle urne in Italia è progressivamente calata, raggiungendo il minimo storico nelle elezioni politiche del 25 settembre 2022. Secondo i dati ufficiali del Senato della Repubblica, su 46 milioni di aventi diritto, ha votato solo il 63,9%. Considerando che il partito più votato, Fratelli d’Italia, ha ottenuto circa il 26% dei voti validi, significa che solo il 16,6% degli aventi diritto ha effettivamente scelto il partito di maggioranza relativa. Se allarghiamo la prospettiva all’intera popolazione italiana (circa 60 milioni di persone), questa percentuale si riduce ulteriormente.
A questo punto sorge una domanda: possiamo ancora parlare di espressione della maggioranza in un sistema in cui meno di un cittadino su cinque ha effettivamente scelto il governo in carica? O stiamo scivolando verso una democrazia "formale", dove pochi decidono per tutti?
Se la democrazia è il governo della maggioranza, la progressiva disaffezione al voto riduce sempre più il principio di rappresentatività. Il problema non è solo formale, ma sostanziale: un sistema in cui sempre meno persone partecipano è più vulnerabile a derive oligarchiche, perché il potere effettivo finisce nelle mani di una minoranza sempre più ristretta e organizzata.
Alcuni Paesi, come il Belgio, hanno adottato l'obbligo di voto, con sanzioni per chi non si presenta alle urne. Il risultato è un’affluenza costantemente superiore all’85% e una maggiore rappresentatività del voto popolare.
L’idea di rendere il voto obbligatorio è spesso criticata con l’argomento che molte persone voterebbero senza informarsi, peggiorando la qualità delle scelte elettorali. Ma è davvero così?
La realtà è che il problema dell’elettore poco informato esiste già. Non è affatto garantito che chi vota oggi lo faccia con piena consapevolezza. Al contrario, la cultura politica attuale è spesso basata su emozioni, propaganda o tradizioni familiari più che su un reale approfondimento dei programmi politici.
L’obbligo di voto potrebbe invece essere visto come un primo passo verso un’evoluzione generazionale, in cui la partecipazione diventa parte integrante della coscienza civica. Inizialmente, chi è obbligato a votare potrebbe farlo senza grande consapevolezza, ma col tempo la partecipazione forzata potrebbe innescare un processo di maturazione democratica.
Nel corso della storia, molte norme imposte sono poi diventate prassi condivise: dall'istruzione obbligatoria alle cinture di sicurezza, l’imposizione iniziale ha spesso portato a un cambiamento culturale. Perché non dovrebbe accadere lo stesso con il voto?
L’altra grande critica al voto obbligatorio è che limiterebbe la libertà individuale. Ma in una democrazia, la libertà non è solo un diritto individuale, è anche un dovere collettivo. Se vogliamo beneficiare di un sistema democratico, dobbiamo anche contribuire al suo funzionamento.
L’esempio della galea aiuta a comprendere il concetto:
Se tutti remano, la nave avanza con equità e sforzo condiviso.
Se alcuni smettono di remare, gli altri devono faticare di più per mantenere la rotta.
Se troppi smettono, la nave va alla deriva.
Ma chi non rema gode comunque del viaggio e della protezione della flotta.
Allora, la domanda diventa: chi ha il diritto di beneficiare della democrazia senza parteciparvi?
Se si accetta che la democrazia è un sistema di appartenenza collettiva e non solo un’opzione personale, ha senso considerare il voto obbligatorio non come una forzatura, ma come un meccanismo di responsabilizzazione civile.
Cosa ne pensate? Il voto obbligatorio potrebbe migliorare la qualità della democrazia in Italia, oppure sarebbe una misura coercitiva che non risolve i problemi alla radice? Soprattutto, avete altri punti di vista da aggiungere alla discussione?
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Democrazia e partecipazione
Personalmente sarei a favore dell'obbligo solo a condizione che la scheda nulla venga considerata nel conteggio in maniera differente da quella attuale; non ho un'idea precisa del come esattamente, ma una cosa del tipo che se vincessero le schede nulle le elezioni sarebbero da rifare con il divieto di riproporre gli stessi candidati (o con uno sbarramento). Insomma, se da una parte c'è l'obbligo di recarsi alle urne, dall'altro ci deve essere l'impegno a candidare politici presentabili
Edit. Un secondo aspetto a mio parere è invece intrinseco nel concetto stesso di democrazia: sulla carta è fantastico che di fronte alle urne uno valga uno, ma nella pratica si viene a creare una stortura dove a decidere non è necessariamente chi si interessa della gestione politica del paese, ma piuttosto la pancia delle persone diventando così un fiorire di populismi. In aggiunta all'obbligo inserirei anche un test a crocette molto semplice su una decina di argomenti scelti in maniera casuale per dimostrare la conoscenza del programma elettorale del partito a cui si sta dando il proprio voto, almeno così mi risparmierei di sentirmi dire "ho votato x perché sembra l'unico onesto"
Edit. Un secondo aspetto a mio parere è invece intrinseco nel concetto stesso di democrazia: sulla carta è fantastico che di fronte alle urne uno valga uno, ma nella pratica si viene a creare una stortura dove a decidere non è necessariamente chi si interessa della gestione politica del paese, ma piuttosto la pancia delle persone diventando così un fiorire di populismi. In aggiunta all'obbligo inserirei anche un test a crocette molto semplice su una decina di argomenti scelti in maniera casuale per dimostrare la conoscenza del programma elettorale del partito a cui si sta dando il proprio voto, almeno così mi risparmierei di sentirmi dire "ho votato x perché sembra l'unico onesto"
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è un ottima riflessione, ci vedo qualche debolezza: come definiamo la soglia di validità minima? Se troppo bassa, rischi abusi del sistema con blocchi continui, governo incapace di operare perchè formalmente inesistente, costi enormi per le tornate elettorali. Inoltre il pericolo di manipolazioni populiste aumenta esponenzialmente, se utilizzato per fare lo sgambetto.gggz ha scritto: ↑mercoledì 5 febbraio 2025, 6:43 Personalmente sarei a favore dell'obbligo solo a condizione che la scheda nulla venga considerata nel conteggio in maniera differente da quella attuale; non ho un'idea precisa del come esattamente, ma una cosa del tipo che se vincessero le schede nulle le elezioni sarebbero da rifare con il divieto di riproporre gli stessi candidati (o con uno sbarramento). Insomma, se da una parte c'è l'obbligo di recarsi alle urne, dall'altro ci deve essere l'impegno a candidare politici presentabili
Il mio angolo d'approccio, riconoscendo il problema che poni, è un poco diverso. Da un lato la introduzione dell'obbligo, crea a poco a poco una coscienza civile con cittadini maggiormente informati (riferirsi agli studi effettuati in Belgio su questa tematica), quindi in considerazione del fatto che la classe politica emerge dal basso, avremmo col tempo dei dirigenti politici di qualità maggiore.
L'altro strumento da introdurre, questo da prendere con le pinze, è un sistema di responsabilizzazione della dirigenza politica, simile a quanto avviene nel settore privato.
Butto lì una bozza poco ragionata: introdurre dei sistemi di misurazione "S.M.A.R.T." per l'operato dei ministri. Introdurre la responsabilità diretta reale dell'area: non esiste che sia dirigente di un team e quando ci sono problemi questi vadano addebitati ai miei sottoposti (attuale scaricabarile). Basandosi su un sistema oggettivo di valutazione della prestazione dirigenziale, il rituale di aggiornamento in parlamento diventa più razionale ed oggettivo, portando a conseguenze direte (per esempio decurtazione stipendio, divieto di partecipazione a tornate successive, etc).
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Beato te, io stesso che l'ho scritta ne vedo molte più di "qualche"
Si tratta di un argomento veramente complesso nonché delicato, sicuramente un'idea partorita alle 6.30 in metropolitana è possibile sia una puttanata, l'unica speranza è che potesse fungere da spunto
Io sfortunatamente sono un eterno disilluso e non riesco a vedere come un miglioramento possa arrivare dalla stessa classe politica che ha invece tutti gli interessi a peggiorare l'offerta. Un votante istruito è un potenziale pericolo alla propria poltrona.Mauer ha scritto: ↑mercoledì 5 febbraio 2025, 7:03
Il mio angolo d'approccio, riconoscendo il problema che poni, è un poco diverso. Da un lato la introduzione dell'obbligo, crea a poco a poco una coscienza civile con cittadini maggiormente informati (riferirsi agli studi effettuati in Belgio su questa tematica), quindi in considerazione del fatto che la classe politica emerge dal basso, avremmo col tempo dei dirigenti politici di qualità maggiore.
L'altro strumento da introdurre, questo da prendere con le pinze, è un sistema di responsabilizzazione della dirigenza politica, simile a quanto avviene nel settore privato.
Butto lì una bozza poco ragionata: introdurre dei sistemi di misurazione "S.M.A.R.T." per l'operato dei ministri. Introdurre la responsabilità diretta reale dell'area: non esiste che sia dirigente di un team e quando ci sono problemi questi vadano addebitati ai miei sottoposti (attuale scaricabarile). Basandosi su un sistema oggettivo di valutazione della prestazione dirigenziale, il rituale di aggiornamento in parlamento diventa più razionale ed oggettivo, portando a conseguenze direte (per esempio decurtazione stipendio, divieto di partecipazione a tornate successive, etc).
Giusto per inquadrarmi un po' meglio: non è da tanti anni che sono tornato a votare, spinto più da dovere civico che altro, ma per una decina buona di anni mi son rifiutato. Sono un po' più giovane dell'utente medio del forum (35) e non ho mai avuto la possibilità di andare a votare in maniera convinta, ma mi sono sempre dovuto tappare il naso. Tuttavia anche oggi che vado regolarmente a votare cercando di essere sufficientemente informato, non c'è mai stata una volta in cui non uscissi con un senso di disgusto, di fallimento, di aver dovuto dare il mio "ok" ad un candidato che non rispetto. Esemplificando e banalizzando, quando faccio un colloquio e tutti i candidati fan pietà preferisco non selezionarne alcuno.
Ultima modifica di gggz il mercoledì 5 febbraio 2025, 7:24, modificato 1 volta in totale.
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proprio per questo motivo che vale la pena di ragionarci, imho. Credo nella possibilità di evolversi, come società, attraverso l'educazione ( ) come sforzo corale e lascito per le generazioni a venire. Stiamo facendo molto poco in questo senso, eppure è sempre stata la spinta, la forza che ci ha fatto arrivare sino a qui (più o meno).gggz ha scritto: ↑mercoledì 5 febbraio 2025, 7:09
Io sfortunatamente sono un eterno disilluso e non riesco a vedere come un miglioramento possa arrivare dalla stessa classe politica che ha invece tutti gli interessi a peggiorare l'offerta. Un votante istruito è un potenziale pericolo alla propria poltrona.
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non la sapevo questa, e' una buona idea, mi sarei immaginato qualche problema legale nel farlo
Comunque se tutti andassero a votare, i partiti di estrema destra/sinistra conterebbero meno, quindi sarei favorevole.
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Mi trovo abbastanza d'accordo con @gggz , potrei anche farmi piacere l'obbligo di voto (che continuo a trovare una cacata dal punto di vista filosofico), ma la mia eventuale scheda nulla DEVE (ok, dovrebbe) essere presa in considerazione, altrimenti stamo come l'elefante e la gallina
Ad ogni modo dalle prime righe mi aspettavo un thread leggermente diverso e mi ero preparato questa:
che imho spiega bene la disaffezione di molti nei confronti del voto.
Ad ogni modo dalle prime righe mi aspettavo un thread leggermente diverso e mi ero preparato questa:
che imho spiega bene la disaffezione di molti nei confronti del voto.
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La mia teoria in brevis : non c'è piu comunità, quindi non c'è piu appartenenza e partecipazione, da cui la democrazia muore
- Zackk
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Risponderò quando riuscirò ad essere più calmo, perchè è un argomento importante e va circostanziato per bene, ma al momento mi partono solo porchemadonne.
"Fidati di me: io so quello che faccio!"
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questo è un ottimo punto, ma tocca una tematica molto più ampia. Se facciamo una proiezione, rimandendo nei confini dell'argomento proposto, potrebbe presentarsi lo scenario di una democrazia sempre più teorica e sempre meno realmente rappresentativa. Mi pare un ottima motivazione per cercare di implementare soluzioni a lungo termine, non credi?
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le porche madonne e le divinità suine, sono il ritmo dei 3d a contenuto politico, hai elencato solo punti a favore di una risposta immediata
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Il diritto di astenersi è parte integrante della libertà di espressione politica
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Se volevi un parere sulle proposte concrete che hai elencato ti potrei dire che in linea di massima sono d'accordoMauer ha scritto: ↑sabato 8 febbraio 2025, 5:11 questo è un ottimo punto, ma tocca una tematica molto più ampia. Se facciamo una proiezione, rimandendo nei confini dell'argomento proposto, potrebbe presentarsi lo scenario di una democrazia sempre più teorica e sempre meno realmente rappresentativa. Mi pare un ottima motivazione per cercare di implementare soluzioni a lungo termine, non credi?
Ma sono dei processi passivi e un po deprimenti
La mia teoria voleva mettere l'accento su quello, per ricostruire la democrazia, quella vera ed attiva, secondo me si deve ripartire dalla comunità
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Quello lo potresti comunque esprimere con la scheda bianca
Il gesto proprio di non andare a votare è indicativo di altro
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Se i cittadini percepiscono la politica come inefficace, obbligarli a votare non e' che ripristini la fiducia.
Poi secondo me l'errore che si compie e' considerare la democrazia il governo della maggioranza, questa e' un'interpretazione riduttiva. Tra l'altro credo che nella storia non ci sia stato un solo caso (o salvo rarissimi esempi, credo) per i quali la democrazia sia stato veramente il governo della maggioranza. E' il governo del popolo, o meglio, di pochi attori del popolo.
- Mauer
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Democrazia e partecipazione
Bene, sonno affiorate tematiche importanti, vedo di reimpostare un poco, cercando di toccare tutti gli argomenti.
Partiamo dalla tesi di base, che vedo confermata nelle critiche costruttive che ho letto: la democrazia rappresentativa funziona sempre meno, in quanto il popolo (sovrano) partecipa sempre meno al rituale del voto, ovvero il fulcro della democrazia rappresentativa a sovranità popolare.
Soluzione: introdurre il voto obbligatorio. Questi è solo un palliativo? No, ma da solo non basta.
Concordo sul fatto che la crisi della partecipazione democratica non si risolva semplicemente costringendo le persone a votare. Tuttavia, il punto è che non possiamo neanche accettare passivamente che sempre meno cittadini partecipino, alimentando un circolo vizioso: la politica è percepita come inefficace → meno persone votano → il potere si concentra in poche mani → la politica diventa ancora più distante.
Il voto obbligatorio è uno strumento, non un fine. Serve a interrompere questo circolo, a rendere il "non-voto" meno banale, a obbligare anche gli apatici a prendere una posizione. Non trasforma magicamente le persone in cittadini consapevoli, ma può contribuire a rendere il voto di nuovo un’abitudine diffusa, su cui poi costruire una cultura politica più partecipata.
Le soluzioni da ricercare non sono immediate, ma gli strumenti che possiamo portare in campo devono necessariamente avere un ampio respiro temporale. Sono soluzioni strategiche a lungo termine.
La politica fa schifo, perché dovrei votare? Domanda che ci si pone legittimamente, ma se tutti rinunciano, chi rimane a decidere?
Se il problema è l’inefficacia della politica, l’astensione di massa è solo una resa e, azzardo, costituisce la miglior base per estremismi.
la critica di @Nomeacaso ha la sua fondatezza, riduco a "La democrazia non è solo il governo della maggioranza"
Tuttavia, la democrazia non è solo contare i voti, ma garantire che tutte le voci abbiano uno spazio. Meno persone votano, meno sfaccettata è la pletora di problematiche rappresentata. La politica funziona in parte come un mercato libero: se non c'è domanda, l'offerta langue. Inoltre i buchi lasciati, offrono lo spazio utile ai populisti e propagandisti, per creare artificiosamente la domanda ed offrire un prodotto politico confezionato ad hoc.
Il problema è che oggi la percezione comune è che nemmeno la maggioranza governi davvero: spesso chi decide sono gruppi di potere ristretti, lobby, élite. Più andiamo avanti su questa strada, maggiormente si acutizza questa discrepanza tra reale e rappresentativo.
Qui il voto obbligatorio potrebbe avere una funzione di riequilibrio: se vota solo una piccola fetta della popolazione, è più facile che gli eletti rispondano solo agli interessi di quella minoranza attiva. Se invece votano tutti, diventa più difficile ignorare gli interessi generali.
@Barone_K sottolinea un fenomeno importante, "Il problema è la disgregazione delle comunità".
Ritengo questo quale punto più importante nella discussione, la coesione sociale.
Questo trend ha le sue origini al di là dei confini politici, coinvolge dinamiche sociali complesse e che meritano una discussione a parte. Il denominatore comune con l'abitudine alla partecipazione politica, è riassumibile nella fiducia che il singolo pone nel funzionamento della società. Il resto, penso sia un campo di gioco nel quale entrano tematiche quali l'omogeneità sociale, che in una civiltà aperta al multiculturalismo ed alla diversità, sfociano appunto anche nella partecipazione politica (per restare in tema).
In particolare qui, è evidente la voragine lasciata ai populisti che su queste tematiche hanno mosso a guerre devastanti.
Per questo il voto obbligatorio, da solo, non basta. Bisognerebbe abbinarlo a strumenti che rendano la partecipazione politica più concreta, butto ad esempio:
Bilanci partecipativi (i cittadini decidono direttamente una quota di spesa pubblica)
Petizioni vincolanti (se raccolgono abbastanza firme, il parlamento deve discuterle)
Assemblee civiche con potere consultivo
Insomma, il voto obbligatorio può essere una spinta iniziale, ma la vera sfida è ricostruire un senso di comunità e di partecipazione reale. Altrimenti, è solo un'altra regola imposta dall'alto, e la gente continuerà a non sentirsi parte del sistema.
Concludo con l'invito a trovare e proporre idee alternative: anche a me le imposizioni non piacciono affatto ma, in considerazione del fatto che la democrazia NECESSITA di partecipazione, e ritenendo la stessa come la miglior forma pratica di governo, ritengo sia degna di una riflessione costruttiva.
Partiamo dalla tesi di base, che vedo confermata nelle critiche costruttive che ho letto: la democrazia rappresentativa funziona sempre meno, in quanto il popolo (sovrano) partecipa sempre meno al rituale del voto, ovvero il fulcro della democrazia rappresentativa a sovranità popolare.
Soluzione: introdurre il voto obbligatorio. Questi è solo un palliativo? No, ma da solo non basta.
Concordo sul fatto che la crisi della partecipazione democratica non si risolva semplicemente costringendo le persone a votare. Tuttavia, il punto è che non possiamo neanche accettare passivamente che sempre meno cittadini partecipino, alimentando un circolo vizioso: la politica è percepita come inefficace → meno persone votano → il potere si concentra in poche mani → la politica diventa ancora più distante.
Il voto obbligatorio è uno strumento, non un fine. Serve a interrompere questo circolo, a rendere il "non-voto" meno banale, a obbligare anche gli apatici a prendere una posizione. Non trasforma magicamente le persone in cittadini consapevoli, ma può contribuire a rendere il voto di nuovo un’abitudine diffusa, su cui poi costruire una cultura politica più partecipata.
Le soluzioni da ricercare non sono immediate, ma gli strumenti che possiamo portare in campo devono necessariamente avere un ampio respiro temporale. Sono soluzioni strategiche a lungo termine.
La politica fa schifo, perché dovrei votare? Domanda che ci si pone legittimamente, ma se tutti rinunciano, chi rimane a decidere?
Se il problema è l’inefficacia della politica, l’astensione di massa è solo una resa e, azzardo, costituisce la miglior base per estremismi.
la critica di @Nomeacaso ha la sua fondatezza, riduco a "La democrazia non è solo il governo della maggioranza"
Tuttavia, la democrazia non è solo contare i voti, ma garantire che tutte le voci abbiano uno spazio. Meno persone votano, meno sfaccettata è la pletora di problematiche rappresentata. La politica funziona in parte come un mercato libero: se non c'è domanda, l'offerta langue. Inoltre i buchi lasciati, offrono lo spazio utile ai populisti e propagandisti, per creare artificiosamente la domanda ed offrire un prodotto politico confezionato ad hoc.
Il problema è che oggi la percezione comune è che nemmeno la maggioranza governi davvero: spesso chi decide sono gruppi di potere ristretti, lobby, élite. Più andiamo avanti su questa strada, maggiormente si acutizza questa discrepanza tra reale e rappresentativo.
Qui il voto obbligatorio potrebbe avere una funzione di riequilibrio: se vota solo una piccola fetta della popolazione, è più facile che gli eletti rispondano solo agli interessi di quella minoranza attiva. Se invece votano tutti, diventa più difficile ignorare gli interessi generali.
@Barone_K sottolinea un fenomeno importante, "Il problema è la disgregazione delle comunità".
Ritengo questo quale punto più importante nella discussione, la coesione sociale.
Questo trend ha le sue origini al di là dei confini politici, coinvolge dinamiche sociali complesse e che meritano una discussione a parte. Il denominatore comune con l'abitudine alla partecipazione politica, è riassumibile nella fiducia che il singolo pone nel funzionamento della società. Il resto, penso sia un campo di gioco nel quale entrano tematiche quali l'omogeneità sociale, che in una civiltà aperta al multiculturalismo ed alla diversità, sfociano appunto anche nella partecipazione politica (per restare in tema).
In particolare qui, è evidente la voragine lasciata ai populisti che su queste tematiche hanno mosso a guerre devastanti.
Per questo il voto obbligatorio, da solo, non basta. Bisognerebbe abbinarlo a strumenti che rendano la partecipazione politica più concreta, butto ad esempio:
Bilanci partecipativi (i cittadini decidono direttamente una quota di spesa pubblica)
Petizioni vincolanti (se raccolgono abbastanza firme, il parlamento deve discuterle)
Assemblee civiche con potere consultivo
Insomma, il voto obbligatorio può essere una spinta iniziale, ma la vera sfida è ricostruire un senso di comunità e di partecipazione reale. Altrimenti, è solo un'altra regola imposta dall'alto, e la gente continuerà a non sentirsi parte del sistema.
Concludo con l'invito a trovare e proporre idee alternative: anche a me le imposizioni non piacciono affatto ma, in considerazione del fatto che la democrazia NECESSITA di partecipazione, e ritenendo la stessa come la miglior forma pratica di governo, ritengo sia degna di una riflessione costruttiva.
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Democrazia e partecipazione
Certo il voto obbligatorio è uno strumento che potrebbe essere efficace.
Dall'altra parte, come ha sottolineato già qualcuno che non ricordo, occorrono candidati di qualità, altrimenti mi ritrovo costretto a scegliere tra una merda secca e una merda molla. Ecco, preferirei NON dover scegliere merde, ecco
Quindi ok che la comunità dovrebbe fare la sua parte con entusiasmo, ma insomma anche proposte sensate altrimenti è tutto un cazzo e ci troviamo con la gente che parla di deepfake e armocromia ai lavoratori.
E' altrettanto vero che, per come è oggi configurato il sistema, dopo il voto è sostanzialmente una roulette russa: si tratta di un "fire and forget" del candidato votato, o "performa" o suca, senza intervento alcuno da parte del votante.
L'idea del bilancio partecipativo è (molto) interessante, ma andrebbe estesa un po' alla qualunque, dalle questioni di carattere sociale a quelle di rilevanza internazionale (relazioni con altri paesi UE/non UE, ecc). Ma a quel punto 1) il "valore" del candidato viene meno (e di per sé non sarebbe neanche un problema) ma soprattutto 2) sarebbe un surrogato del "facciamo referendum per tutto" e non so quanto verrebbe a costare.
L'idea delle petizioni vincolanti invece è sacrosanta, costa zero e sarebbe un modo a mio avviso abbastanza smart per far "salire" la voce dal basso.
Dall'altra parte, come ha sottolineato già qualcuno che non ricordo, occorrono candidati di qualità, altrimenti mi ritrovo costretto a scegliere tra una merda secca e una merda molla. Ecco, preferirei NON dover scegliere merde, ecco
Quindi ok che la comunità dovrebbe fare la sua parte con entusiasmo, ma insomma anche proposte sensate altrimenti è tutto un cazzo e ci troviamo con la gente che parla di deepfake e armocromia ai lavoratori.
E' altrettanto vero che, per come è oggi configurato il sistema, dopo il voto è sostanzialmente una roulette russa: si tratta di un "fire and forget" del candidato votato, o "performa" o suca, senza intervento alcuno da parte del votante.
L'idea del bilancio partecipativo è (molto) interessante, ma andrebbe estesa un po' alla qualunque, dalle questioni di carattere sociale a quelle di rilevanza internazionale (relazioni con altri paesi UE/non UE, ecc). Ma a quel punto 1) il "valore" del candidato viene meno (e di per sé non sarebbe neanche un problema) ma soprattutto 2) sarebbe un surrogato del "facciamo referendum per tutto" e non so quanto verrebbe a costare.
L'idea delle petizioni vincolanti invece è sacrosanta, costa zero e sarebbe un modo a mio avviso abbastanza smart per far "salire" la voce dal basso.
- Mauer
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Democrazia e partecipazione
mano a mano che svisceriamo, appare evidente che questo sistema richiede una revisione importante.
I bilanci partecipativi possono essere circoscritti a delle percentuali precise, e le destinazioni d'uso, oggetto della vox populi, possono essere precisamente indicate.
Come altrove accennato, ritengo la responsabilità personale del politico dirigente, imprescindibile almeno come meccanismo, da definire nel dettaglio.
Sono ottimisticamente orientato a pensare che, allargandosi la base dei partecipanti attivi ai processi democratici, ci sarebbero più candidati validi a proporsi per le tornate.
I bilanci partecipativi possono essere circoscritti a delle percentuali precise, e le destinazioni d'uso, oggetto della vox populi, possono essere precisamente indicate.
Come altrove accennato, ritengo la responsabilità personale del politico dirigente, imprescindibile almeno come meccanismo, da definire nel dettaglio.
Sono ottimisticamente orientato a pensare che, allargandosi la base dei partecipanti attivi ai processi democratici, ci sarebbero più candidati validi a proporsi per le tornate.
- • Char •
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