Due notti fa ho sognato un ragno enorme sulla scala del mio letto (io non ho paura dei ragni). Ogni volta che lo guardavo, era più grosso. Mi sembrava che mi parlasse. Poi si avvolgeva nella tela. E diventava sempre più grosso, sempre più grosso.
Poi ENORME, zampe nere uncinate dappertutto, grosso come il divano.
Scappavo.
Uscito fuori in balcone, lui mi raggiungeva. Era ormai antropomorfo, con una testa bulbosa e orribile, vestiti sgargianti, amichevole e diceva di essere un alieno.
Ma che cazzo.
Questo invece è di un paio di anni fa, lo avevo condiviso su Facebook:
2015:Ho fatto un sogno, ieri. Non bello.
Sono in una città imprecisata, diversa dalla mia. Devo soggiornare lì per un po'.
C'è, in mezzo al niente fra strade grigie di asfalto, un parco verde enorme. Piatto, niente alberi e niente cespugli e niente piazzole per bambini e niente giochi o fontane, soltanto erba, un enorme prato verde.
Dei ragazzi giocano, non ragazzini, sopra i 20 anni. Immagino stiano facendo un larp o roba del genere, mi avvicino incuriosito. Gioco a qualcosa assieme a loro. Qui il ricordo è ormai molto vago, non ricordo cosa facessimo di preciso.
A un certo punto li vedo seduti tutti in fila, una lunga riga. Mi avvicino e mi unisco alla fila. Ognuno è seduto e ne fronteggia un altro seduto davanti a sè, e dietro di esso un altro o un'altra, a loro volta seduti di fronte ad un'altra persona, e così via. Hanno un'espressione tranquilla, serafica, sorridente, come tipo una compagnia teatrale che si esercita, un gruppo politico affiatato, qualcosa del genere che esprime una grande identità. Noto, a 3 "persone" di distanza da me, una ragazza con i capelli scuri raccolti dietro con la coda (quindi ben tirati sulla testa) che ha una pistola in mano; la punta al petto della ragazza a cui è seduta di fronte, una ricciolona. E spara. La ricciolona muore.
Gli altri ragazzi non sono sconvolti, per niente. Sono molto tranquilli. Ma ci sono delle regole: la ragazza con la coda ha ucciso, è un'assassina, e deve pagare. Deve morire, bisogna ammazzarla.
A doverlo fare è l'ultimo ad essersi unito al gruppo. Mi passano la pistola.
Senza pensarci sopra, tranquillamente e come se nulla fosse, tiro indietro il carrello e carico la pistola. Mi alzo e la punto alla testa della ragazza, che mi guarda sorridente e serena. Premo il grilletto, click. La pistola non spara. Tiro di nuovo indietro il carrello, premo il grilletto, click, la pistola non spara. Una terza volta, click. Scarica, non spara. Perdo vistosamente la pazienza. Afferro la pistola per la canna, la alzo dietro di me e la abbatto con tutta la forza che ho con il calcio sulla testa della ragazza. Lo schianto è secco e il rumore orrendo, lei mugola. Vedo i capelli sporchi di un grumo di sangue, ma è viva. Strizza gli occhi per il dolore ma sorride. Sferro un altro colpo, la macchia di sangue si allarga. Non muore. Un altro. Ho un'esitazione, mista ad una rabbia incontenibile. Lei mi guarda come in attesa. Mi alzo e faccio qualche passo indietro. Vado in cucina (non si sa da dove sia arrivata sta cucina, io sapevo che era sempre stata lì), cerco un coltello, voglio un coltellaccio, un lungo coltello da cucina appuntito. Tutto quel che voglio fare è prendere quel coltello ed affondarlo dalla punta nel buco che ho già fatto coi miei colpi nel cranio di quella ragazza. Non penso ad altro.
Poi, frugando in un cassetto, mi fermo. Mi rendo improvvisamente conto dell'enormità di quello che sto facendo e che sto per fare.
E mi sveglio, stando malissimo. Ci ho pensato finora.
Stanotte ho sognato che, mentre facevo manovra con la macchina per uscire da un prato con persone in festa (si trattava di un evento ludico, di una convention o di una roba celtica, non ricordo bene) seguendo gli altri amici, sbattevo piano contro una colonna su cui erano distesi un ragazzo e tre ragazze seminudi mentre un pittore dipingeva la composizione corporea.
Mi scusavo e loro con sorrisi radiosi mi chiedevano di unirmi a loro nella posa, serviva un ulteriore corpo.
Lo facevo con riluttanza e paura, c'era qualcosa di strano che non capivo.
Mi sdraiavo con loro, ed in breve finiva in orgia, ma continuavo ad essere timoroso e riluttante. Una delle ragazze aveva denti enormi e lunghissimi. Il ragazzo aveva tre piedi (da una caviglia ne partivano due) e un'altra ragazza aveva un occhio sulla guancia.
Poi mi dicevano di lasciarmi andare e non essere timido, che ero stato scelto. "Lui" era di là, nell'altra stanza. Andando nell'altra stanza, vedevo sul letto un vecchio, decrepito e morente, che mi guardava sorridendo con occhi penetranti inchiodandomi sul posto. Era Osho, io lo sapevo.
Mi sono svegliato davvero inquietato e nervoso. Credo che le stelle stiano per essere allineate. Ftaghn. Il suo ritorno è vicino. Dorme e sogna.