D.L.
Inviato: venerdì 30 agosto 2024, 15:21
Damien L
Avevamo deciso di chiamarlo così, più che altro, l’avevo imposto… ma vabbè nessuno si era lamentato o ne aveva fatto una tragedia.
Era il 4 novembre del millenovecentonovantotto e mi ricordo distintamente che ci saranno stati 40-50F al massimo praticamente un bel tempo che si prepara per la neve.
L’agenzia aveva deciso di tenerselo che ci si doveva fare.
Sicuramente io non l’avrei mai affidato a nessun’altro era piccolo ma già vedevo il me stesso bambino nei sui occhietti e pensavo a come avrei potuto plasmarlo a mia immagine e somiglianza, in barba a tutti gli altri e soprattutto dando sfogo al mio cazzo di ego manipolatore.
In un secondo invece siamo qua, e sto ragazzetto in un attimo ha 30 anni che dire…
Io accendo la mia Dunhill preferita, una DRJ del 1973, caricata con un bel telegraph hill di Pease e inizio a fumare. Il momento era uno di quelli mistici. Quelli dove un per un attimo pensi di essere arrivato e di aver raggiunto tutti gli obiettivi.
Poi qualcosa o qualcuno ti riporta giù, tirandoti per i piedi.
“ma che cosa voglio da me stesso?”
Lo guardo, poi capisco che alla fine non puoi prendere una persona, svuotarla, e riempirla di ciò che pretendi sia il meglio per lui.
O forse l’ho solo fatta traboccare?
Da un certo punto di vista, l’aver completamente eliminato ogni iterazione superflua con ciò che è del tutto inutile ha prodotto un individuo superiore. Come sapevo, come volevo.
Una vita di successo, economicamente potente, una mente geniale con i giusti valori e con una capacità di concertazione inarrivabile, ironicamente sia dal punto di vista musicale che da quello sociale.
Ah il figlio che volevo.
Eppure lui non sa che cosa sarebbe potuto essere senza di noi, senza di me.
Forse avrei dovuto girarmi dall’altra parte? No non avrei mai potuto perdere l’opportunità. Né avremmo poi pagato tutti noi le conseguenze.
In realtà non siamo ancora i 30, c’è qualche mese, si suppone. Ad ogni buon conto mi piacerebbe riportarlo con me nei boschi di Portland dove un po’ tutto ha avuto origine.
Ma anche qui dove ora risuonano le nostre passioni e interessi c’è del bello nel festeggiare.
Vedremo.
Avevamo deciso di chiamarlo così, più che altro, l’avevo imposto… ma vabbè nessuno si era lamentato o ne aveva fatto una tragedia.
Era il 4 novembre del millenovecentonovantotto e mi ricordo distintamente che ci saranno stati 40-50F al massimo praticamente un bel tempo che si prepara per la neve.
L’agenzia aveva deciso di tenerselo che ci si doveva fare.
Sicuramente io non l’avrei mai affidato a nessun’altro era piccolo ma già vedevo il me stesso bambino nei sui occhietti e pensavo a come avrei potuto plasmarlo a mia immagine e somiglianza, in barba a tutti gli altri e soprattutto dando sfogo al mio cazzo di ego manipolatore.
In un secondo invece siamo qua, e sto ragazzetto in un attimo ha 30 anni che dire…
Io accendo la mia Dunhill preferita, una DRJ del 1973, caricata con un bel telegraph hill di Pease e inizio a fumare. Il momento era uno di quelli mistici. Quelli dove un per un attimo pensi di essere arrivato e di aver raggiunto tutti gli obiettivi.
Poi qualcosa o qualcuno ti riporta giù, tirandoti per i piedi.
“ma che cosa voglio da me stesso?”
Lo guardo, poi capisco che alla fine non puoi prendere una persona, svuotarla, e riempirla di ciò che pretendi sia il meglio per lui.
O forse l’ho solo fatta traboccare?
Da un certo punto di vista, l’aver completamente eliminato ogni iterazione superflua con ciò che è del tutto inutile ha prodotto un individuo superiore. Come sapevo, come volevo.
Una vita di successo, economicamente potente, una mente geniale con i giusti valori e con una capacità di concertazione inarrivabile, ironicamente sia dal punto di vista musicale che da quello sociale.
Ah il figlio che volevo.
Eppure lui non sa che cosa sarebbe potuto essere senza di noi, senza di me.
Forse avrei dovuto girarmi dall’altra parte? No non avrei mai potuto perdere l’opportunità. Né avremmo poi pagato tutti noi le conseguenze.
In realtà non siamo ancora i 30, c’è qualche mese, si suppone. Ad ogni buon conto mi piacerebbe riportarlo con me nei boschi di Portland dove un po’ tutto ha avuto origine.
Ma anche qui dove ora risuonano le nostre passioni e interessi c’è del bello nel festeggiare.
Vedremo.