La sorte che colpì Sarnath
Inviato: giovedì 12 dicembre 2024, 7:26
Nella terra di Mnar vi è un vasto lago dalle acque immobili, dove non c’è fiume che lo alimenti o che da esso sgorghi. Diecimila anni fa, presso le rive di questo lago, sorgeva la possente città di Sarnath. Ma ora Sarnath non c’è più.
Si racconta che in epoche immemorabili, quando il mondo era ancora giovane, prima ancora che le genti di Sarnath giungessero nella terra di Mnar, un’altra città sorgesse accanto al lago: Ib, la città di pietra grigia, antica quanto il lago stesso, e popolata da esseri di aspetto spregevole. Si trattava di creature stranissime e repellenti, come quasi sempre appaiono gli abitatori di un mondo ancora primitivo e rozzamente modellato. E' scritto sui cilindri di mattoni di Kadatheron che gli abitanti di Ib avevano la pelle verde come le acque del lago e le nebbie che da esse si levano; che avevano occhi sporgenti, labbra flaccide e rincagnate, orecchie assai curiose, ed erano privi di voce. E' anche scritto che una notte discesero dalla luna avvolti dalla nebbia; loro, il vasto lago immobile e la grigia città di pietra detta Ib. Che ciò sia vero o no, è comunque certo che adorassero un idolo di pietra color verde mare scolpito a somiglianza di Bokrug, la grande lucertola delle acque, e che dinanzi a questo si scatenassero in orribili danze nelle notti di luna crescente. Ed è scritto nel papiro di Ilarnek che un giorno scoprirono il fuoco e che dopo di ciò spesso accesero fuochi nelle loro cerimonie rituali.
Non si sa molto di più a proposito di queste creature, poiché vissero in epoche antichissime, e l’umanità è giovane e conosce ben poco delle creature vissute in ere primordiali.
Dopo molti eoni, nella terra di Mnar giunsero gli uomini, pastori dalla pelle scura con i loro greggi, che eressero Thara, Ilarnek e Kadatheron sulle sponde del sinuoso fiume Ai. E certe tribù, più ardite delle altre, si spinsero fin sulle rive del lago e Costruirono Sarnath nel luogo in cui preziosi metalli vennero trovati nel suolo.
Non lontano dalla grigia città di Ib le tribù nomadi gettarono le fondamenta di Sarnath, e quando furono al cospetto delle creature di Ib provarono grande stupore. Allo stupore si mescolò l’odio, poiché ritenevano che esseri di quell’aspetto non dovessero mostrarsi tra la gente della razza umana, specie dopo il tramonto. Né gradivano le bizzarre sculture sui grigi monoliti di Ib, sculture antichissime, anteriori, forse, alla stessa comparsa dell’uomo. E in una terra come quella dì Mnar, tranquilla e lontanissima dalla maggior parte delle altre terre, sia quelle della veglia che quelle del sogno, ciò costituiva motivo di grande turbamento.
L’odio degli uomini di Sarnath per le creature di Ib crebbe sempre più profondo, né valse a sopirlo la scoperta che quegli esseri erano estremamente deboli, molli come gelatina al tocco di pietre e frecce.
E così un giorno i giovani guerrieri, i frombolieri, i lancieri e gli arcieri, marciarono contro Ib e trucidarono tutti i suoi abitanti e gettarono gli strani corpi repellenti nelle acque del lago, spingendoveli con le lunghe lance per evitare di toccarli. E dato che disprezzavano i grigi monoliti scolpiti di Jb. gettarono anche questi nel lago, meravigliandosi della immane fatica costata per trasportare lì quei massi giganteschi; infatti, dovevano provenire da terre lontane, visto che nulla di simile era visibile nella terra di Mnar o nei territori limitrofi.
E così nulla sopravvisse dell’antichissima città di Ib, a eccezione dell’idolo di pietra di color verde mare scolpito a somiglianza di Bokrug, la Lucertola delle Acque. I giovani guerrieri portarono con sé la scultura quale simbolo della loro vittoria sugli antichi dei e sulle creature di Ib. e come emblema de! loro dominio a Mnar. L’idolo fu collocato nel tempio, ma la notte successiva accadde qualcosa di terribile perché strane luci misteriose si videro sul lago, e al mattino si scoprì che l’idolo era scomparso e i] sommo Sacerdote Taran-Ish giaceva morto, come stroncato da una paura indicibile. E prima di morire, Taran-Ish aveva tracciato sull’altare di crisolito con linee tremolanti il segno della CONDANNA.
Molti furono i Sacerdoti che succedettero a Taran-Ish, ma l’idolo di pietra color verde mare non fu mai più ritrovato. Trascorsero lunghi secoli, durante i quali la città di Sarnath conobbe grande prosperità, e soltanto i Sacerdoti e le donne più anziane serbavano memoria di quanto Taran-Ish aveva scritto sull’altare di crisolito tra Sarnath e la città di Ilarnek sorse e si sviluppò un commercio carovaniero, e i metalli preziosi estratti dalla terra furono scambiati con altri metalli, stoffe pregiate e preziosi gioielli, libri e arnesi per artigiani, e tutti gli oggetti di lusso noti alla gente che dimorava lungo il sinuoso fiume Ai e i suoi dintorni. Così Sarnath divenne bella, potente, e colta, e mandò i suoi eserciti a sottomettere le Città vicine. Sul trono di Sarnath sedettero col tempo i re di tutta la terra di Mnar e di molte terre limitrofe.
Sarnath la Magnifica divenne la meraviglia del mondo e l’orgoglio dell’umanità. Era cinta da mura di marmo levigato, che aveva origine dai deserti, alte trecento cubiti e larghe settantacinque, così spesse che i cocchi che ne percorrevano la sommita potevano superarsi l’un l’altro senza sfiorarsi. Si estendevano per ben cinquecento stadi senza soluzione di continuità, interrompendosi solo sul lato prospiciente il lago, dove una diga di pietra verde arginava le onde che una volta all’anno si sollevavano curiosamente in occasione delle celebrazioni della distruzione di Ib. Cinquanta strade collegavano il lago alle porte di accesso alle carovane, e altre cinquanta le intersecavano. Erano lastricate di onice, a eccezione di quelle su cui transitavano cavalli, cammelli ed elefanti, che invece erano di granito. Le porte di Sarnath erano tante quante erano le strade che ad esse conducevano, ciascuna in bronzo, fiancheggiata da figure di leoni ed elefanti scolpiti in pietra oggi sconosciuta. Le abitazioni erano in lucidi mattoni e calcedonio, e ognuna di esse possedeva il suo giardino recintato e il suo laghetto cristallino. Queste case erano costruite con una tecnica strana, poiché in nessun’altra città vi erano abitazioni come quelle. I viaggiatori di Thraa, Ilarnek e Kadatheron si stupivano di fronte allo splendore delle cupole che le sormontavano.
Ma più stupefacenti ancora erano i palazzi e i templi, e i giardini fatti costruire da Zokkar, l’antico re. Vi erano numerosi palazzi, più maestosi di quelli di Thraa, Ilarnek o Kadatheron, e così alti che chiunque vi si trovasse all’interno aveva talvolta la sensazione che sopra di lui vi fosse solo il cielo. Quando le torce intrise nell’olio di Dother ne illuminavano le pareti, si ammiravano vasti dipinti raffiguranti re ed eserciti, e questi erano di uno splendore che al tempo stesso esaltava e sbalordiva l’osservatore. Molte erano le colonne dei palazzi, tutte di marmo colorato, e intarsiate con raffigurazioni di insuperata bellezza. Nella maggior parte dei palazzi i pavimenti erano mosaici di berillio, lapislazzuli, sardonice, carbonchio e altri materiali pregiati, disposti in maniera tale che l’osservatore potesse immaginare di incedere sopra un letto di fiori rarissimi. Di medesima bellezza erano le fontane, che profondevano acque fragranti in deliziosi zampilli disposti con raffinata arte. A offuscare ogni altro splendore era il Palazzo dei Re di Mnar e delle terre confinanti. Una coppia di leoni d’oro sorreggeva il trono che si innalzava di diversi gradini al di sopra del pavimento risplendente scolpito in un unico blocco di avorio, sebbene nessuno abbia mai potuto sapere da dove sia giunto un simile portento. quel palazzo vi erano anche molte gallerie, e molti anfiteatri dove leoni, uomini ed elefanti si affrontavano per il piace dei re. Talvolta gli anfiteatri venivano inondati d’acqua proveniente dal lago e lì convogliata attraverso un possente sistema di acquedotti. Lotte sottomarine avvenivano allora tra nuotatori e mostruose creature marine.
Altissimi e Stupefacenti erano i diciassette templi di Sarnath, simili a torri e costruiti con brillante pietra Policrome sconosciuta altrove. Il più grandioso tra essi raggiungeva un’altezza di ben mille cubiti, e tra le sua mura dimoravano sommi Sacerdoti, in un fasto secondo soltanto a quello de re. Al pianterreno si ammiravano immensi saloni, magnifici per vastità e splendore quanto quelli dei palazzi. Lì vi si radunavano le moltitudini in adorazione di Zo-Kalar Tamash e Lobon, le divinità principali di Sarnath, i cui altari incensati non avevano nulla da invidiare ai troni dei monarchi Dissimili dalle effigi degli altri dei erano quelle di Zo-Kalar Tamash e Lobon, giacché esse sembravano così vive da far pensare a chi le osservasse che quelle graziose divinità barbute fossero realmente sedute sui troni d’avorio risalendo infiniti gradini di zircone si giungeva alla stanza in cima alla torre da dove, durante il giorno, i sommi Sacerdoti osservavano la città, le pianure e il lago; e di notte contemplavano l’enigmatica luna e i pianeti e le stelle, e il loro riflesso nelle acque del lago. Era là che si celebrava l’antico rito contro Bokrug la detestata Lucertola delle Acque, e là era custodito l’altare di crisolito che recava il segno della Condanna tracciato da Taran-Jsh
Ugualmente meravigliosi erano i giardini fatti da Zokkar l’antico re. Ricoprivano una vasta area al centro di Sarnath ed erano circondati da un alto muro. Erano sormontati da una maestosa cupola di vetro, attraverso la cui trasparenza brillavano il sole, la luna e gli astri quando il cielo era terso, e da cui pendevano fulgide immagini del sole, della luna e dei pianeti quando era nuvoloso. In estate i giardini erano rinfrescati da brezze odorose che grandi ventagli spandevano abilmente nell’aria; in inverno erano riscaldati da fuochi nascosti, e in tal modo in quei giardini era sempre primavera. Su ciottoli lucenti scorrevano ruscelletti a solcare verdi praticelli e giardini variopinti, passando sotto una moltitudine di ponti. Qua e là scrosciavano cascate, e molti erano i laghetti punteggiati da ninfee nei quali quei ruscelli si gettavano. Sui corsi d’acqua e sui laghetti fluttuavano bianchi cigni, mentre il cinguettio musicale di rari uccelli si univa alla melodia delle acque.
Sorgevano verdi alture ordinate in simmetriche terrazze, adorne qui e là di pergolati di viti e fragranti boccioli, e di sedili e panchine di marmo e porfido. Non mancavano tempietti e santuari dove sostare per riposarsi o pregare dinanzi alle piccole immagini di divinità.
Ogni anno si celebrava a Sarnath la festa della distruzione di Ib, e in questa occasione abbondavano vino, canti, balli e divertimenti di ogni genere. Grandi onori venivano resi agli spiriti di coloro che avevano annientato gli antichi e strani esseri, mentre alla memoria di questi e dei loro antichi dei irridevano i danzatori e i liutisti col capo cinto di corone di rose colte dai giardini di Zokkar. I re, a loro volta, guardavano sprezzanti il lago e maledicevano le ossa dei morti che giacevano nelle sue acque.
Da principio i sommi Sacerdoti non approvavano queste celebrazioni, perché erano giunti alle loro orecchie strani racconti sulla sparizione dell’idolo in pietra di color verde mare e di come Taran-Ish fosse morto di paura lasciando l’estremo monito Si diceva anche che a volte, osservando il lago dalle alte tori, si vedevano luci brillare tra le acque. Ma trascorsi molti anni senza calamità, anche i Sacerdoti si unirono alle orge dei festanti, sbeffeggiando e bestemmiando come gli altri. Dopotutto, non avevano anche loro celebrato nell’alta torre l’antichissimo rito segreto di odio verso Bokrug, la Lucertola delle Acque? E mille anni di opulenza e diletto trascorsero su Sarnath, la Meraviglia del Mondo.
Magnifica oltre ogni immaginazione fu la celebrazione del millesimo anno dalla distruzione di Ib. Per un decennio se n’era parlato nella terra di Mnar, e man mano che l’evento si avvicinava giungevano a Sarnath uomini in groppa a cavalli, cammelli ed elefanti provenienti da Thraa, Ilarnek e Kadatheron, e da tutte le città della terra di Mnar e dei territori circostanti Davanti alle mura marrnoree, nella notte convenuta, furono montate le tende dei viaggiatori e i padiglioni per i principi. Nel salone del banchetto giaceva Nargis-Hei il re, ubriaco del vino invecchiato, prelevato dalle grotte della conquistata Pnoth e Circondato da nobili convitati e schiavi indaffarati Si mangiarono a quel banchetto molte insolite e prelibate ghiottonerie, pavoni dalle lontane colline di Implan, zoccoli di cammello del deserto di Bnazic, nocciole e spezie dei boschi sydatriani, e perle provenienti da Mtal bagnata dalle onde, disciolte nell’aceto di Thraa. Di salse ne fu servito un numero incalcolabile, preparate dai più raffinati cuochi di tutta la terra di Mnar, e tali da soddisfare il palato di ogni convitato. Ma il più prelibato di tutti i cibi furono i rossi pesci del lago, enormi e serviti su vassoi d’oro incastonati di rubini e diamanti.
Mentre il re e i suoi nobili banchettavano nel palazzo, pregustando la prelibata pietanza che li aspettava sui vassoi arati, festeggiamenti avevano luogo altrove. Nella torre del grande tempio i Sacerdoti gozzovigliavano, e nei padiglioni all’interno delle mura i principi delle terre limitrofe si davano a orge. Fu il sommo Sacerdote Gnai-Kah a vedere per primo le ombre che discesero nel lago dalla falce dì luna, e le prime orride nebbie verdi che si levarono dal lago per incontrare la luna e avvolgere in una foschia sinistra le torri e le cupole di Sarnath, la città condannata. Poi, coloro che si trovavano nelle torri e fuori le mura videro strane luci sull’acqua, e la roccia grigia Akurion che soleva innalzarsi superba presso la riva, quasi sommersa. Un vago senso di terrore si insinuò veloce in loro, e i principi dì Ilarnek e della lontana Rokol smontarono e ripiegarono tende e padiglioni e alla svelta partirono, sebbene loro stessi non sapessero spiegarsi il motivo di quella frettolosa partenza.
Poi, quasi allo scoccare della mezzanotte, si spalancarono tutte le porte di bronzo di Sarnath e moltitudini impazzite si riversarono fuori da esse, offuscando la pianura. Di fronte a ciò principi e viaggiatori fuggirono via in preda alla paura. Perché sui volti dei fuggitivi era impressa la follia di un orrore insopportabile, e dalle loro bocche scaturivano parole così terribili che nessuno osava fermarsi per verificarne la veridicità. Uomini con occhi stravolti dal terrore urlavano di quanto avevano visto nella sala del re, dove, attraverso le finestre, non si scorgevano più le figure di Nargis-Hei e dei suoi nobili e schiavi, ma un’orda di verdi creature mute e indescrivibili, con occhi sporgenti, labbra molli e strani orecchi. Esseri che danzavano orribilmente, recando tra le zampe vassoi dorati incastonati di rubini e diamanti dai quali ardevano magiche fiamme. E i principi e i viaggiatori in fuga da Sarnath, la Città Condannata, si volsero dalle loro cavalcature per guardare nuovamente il lago dal quale esalavano le verdi nebbie e la grigia roccia Akunion, ormai del tutto sommersa.
Per tutta la terra di Mnar e le terre confinanti si diffusero i racconti di coloro che erano fuggiti da Sarnath, e le carovane smisero di visitare la città maledetta coi suoi preziosi metalli. Passò lungo tempo prima che qualcuno giungesse fino alla città, e quando ciò avvenne fu soltanto a opera di giovani coraggiosi e avventurosi dai capelli biondi e dagli occhi azzurri, uomini che nessuna affinità legava agli abitanti della terra di Mnar. Costoro si spinsero fino al lago per vedere Sannath, ma, pur trovando la distesa d’acqua e la grigia roccia Akurjon che alta si erge presso la riva, non poterono contemplare la meraviglia del mondo e l’orgoglio dell’umanità.
Dove un tempo erano sorte le mura alte trecento cubiti e si erano innalzate torri più alte ancora, ora si stendeva soltanto la spiaggia paludosa, e dove un tempo avevano dimorato cinquanta milioni di uomini strisciava adesso l’orribile lucertola delle acque.
Nulla era rimasto neppure delle miniere di metalli preziosi. La CONDANNA aveva Colpito Sarnath.
Semi sepolto tra le canne fu scorto un curioso idolo verde, Un’antichissima scultura raffigurante Bokrug, la grande Lucertola delle Acque. Quell’idolo custodito nell’alto tempio a Ilarnek, fu adorato nelle notti di luna in tutta la terra di Mnar.
Si racconta che in epoche immemorabili, quando il mondo era ancora giovane, prima ancora che le genti di Sarnath giungessero nella terra di Mnar, un’altra città sorgesse accanto al lago: Ib, la città di pietra grigia, antica quanto il lago stesso, e popolata da esseri di aspetto spregevole. Si trattava di creature stranissime e repellenti, come quasi sempre appaiono gli abitatori di un mondo ancora primitivo e rozzamente modellato. E' scritto sui cilindri di mattoni di Kadatheron che gli abitanti di Ib avevano la pelle verde come le acque del lago e le nebbie che da esse si levano; che avevano occhi sporgenti, labbra flaccide e rincagnate, orecchie assai curiose, ed erano privi di voce. E' anche scritto che una notte discesero dalla luna avvolti dalla nebbia; loro, il vasto lago immobile e la grigia città di pietra detta Ib. Che ciò sia vero o no, è comunque certo che adorassero un idolo di pietra color verde mare scolpito a somiglianza di Bokrug, la grande lucertola delle acque, e che dinanzi a questo si scatenassero in orribili danze nelle notti di luna crescente. Ed è scritto nel papiro di Ilarnek che un giorno scoprirono il fuoco e che dopo di ciò spesso accesero fuochi nelle loro cerimonie rituali.
Non si sa molto di più a proposito di queste creature, poiché vissero in epoche antichissime, e l’umanità è giovane e conosce ben poco delle creature vissute in ere primordiali.
Dopo molti eoni, nella terra di Mnar giunsero gli uomini, pastori dalla pelle scura con i loro greggi, che eressero Thara, Ilarnek e Kadatheron sulle sponde del sinuoso fiume Ai. E certe tribù, più ardite delle altre, si spinsero fin sulle rive del lago e Costruirono Sarnath nel luogo in cui preziosi metalli vennero trovati nel suolo.
Non lontano dalla grigia città di Ib le tribù nomadi gettarono le fondamenta di Sarnath, e quando furono al cospetto delle creature di Ib provarono grande stupore. Allo stupore si mescolò l’odio, poiché ritenevano che esseri di quell’aspetto non dovessero mostrarsi tra la gente della razza umana, specie dopo il tramonto. Né gradivano le bizzarre sculture sui grigi monoliti di Ib, sculture antichissime, anteriori, forse, alla stessa comparsa dell’uomo. E in una terra come quella dì Mnar, tranquilla e lontanissima dalla maggior parte delle altre terre, sia quelle della veglia che quelle del sogno, ciò costituiva motivo di grande turbamento.
L’odio degli uomini di Sarnath per le creature di Ib crebbe sempre più profondo, né valse a sopirlo la scoperta che quegli esseri erano estremamente deboli, molli come gelatina al tocco di pietre e frecce.
E così un giorno i giovani guerrieri, i frombolieri, i lancieri e gli arcieri, marciarono contro Ib e trucidarono tutti i suoi abitanti e gettarono gli strani corpi repellenti nelle acque del lago, spingendoveli con le lunghe lance per evitare di toccarli. E dato che disprezzavano i grigi monoliti scolpiti di Jb. gettarono anche questi nel lago, meravigliandosi della immane fatica costata per trasportare lì quei massi giganteschi; infatti, dovevano provenire da terre lontane, visto che nulla di simile era visibile nella terra di Mnar o nei territori limitrofi.
E così nulla sopravvisse dell’antichissima città di Ib, a eccezione dell’idolo di pietra di color verde mare scolpito a somiglianza di Bokrug, la Lucertola delle Acque. I giovani guerrieri portarono con sé la scultura quale simbolo della loro vittoria sugli antichi dei e sulle creature di Ib. e come emblema de! loro dominio a Mnar. L’idolo fu collocato nel tempio, ma la notte successiva accadde qualcosa di terribile perché strane luci misteriose si videro sul lago, e al mattino si scoprì che l’idolo era scomparso e i] sommo Sacerdote Taran-Ish giaceva morto, come stroncato da una paura indicibile. E prima di morire, Taran-Ish aveva tracciato sull’altare di crisolito con linee tremolanti il segno della CONDANNA.
Molti furono i Sacerdoti che succedettero a Taran-Ish, ma l’idolo di pietra color verde mare non fu mai più ritrovato. Trascorsero lunghi secoli, durante i quali la città di Sarnath conobbe grande prosperità, e soltanto i Sacerdoti e le donne più anziane serbavano memoria di quanto Taran-Ish aveva scritto sull’altare di crisolito tra Sarnath e la città di Ilarnek sorse e si sviluppò un commercio carovaniero, e i metalli preziosi estratti dalla terra furono scambiati con altri metalli, stoffe pregiate e preziosi gioielli, libri e arnesi per artigiani, e tutti gli oggetti di lusso noti alla gente che dimorava lungo il sinuoso fiume Ai e i suoi dintorni. Così Sarnath divenne bella, potente, e colta, e mandò i suoi eserciti a sottomettere le Città vicine. Sul trono di Sarnath sedettero col tempo i re di tutta la terra di Mnar e di molte terre limitrofe.
Sarnath la Magnifica divenne la meraviglia del mondo e l’orgoglio dell’umanità. Era cinta da mura di marmo levigato, che aveva origine dai deserti, alte trecento cubiti e larghe settantacinque, così spesse che i cocchi che ne percorrevano la sommita potevano superarsi l’un l’altro senza sfiorarsi. Si estendevano per ben cinquecento stadi senza soluzione di continuità, interrompendosi solo sul lato prospiciente il lago, dove una diga di pietra verde arginava le onde che una volta all’anno si sollevavano curiosamente in occasione delle celebrazioni della distruzione di Ib. Cinquanta strade collegavano il lago alle porte di accesso alle carovane, e altre cinquanta le intersecavano. Erano lastricate di onice, a eccezione di quelle su cui transitavano cavalli, cammelli ed elefanti, che invece erano di granito. Le porte di Sarnath erano tante quante erano le strade che ad esse conducevano, ciascuna in bronzo, fiancheggiata da figure di leoni ed elefanti scolpiti in pietra oggi sconosciuta. Le abitazioni erano in lucidi mattoni e calcedonio, e ognuna di esse possedeva il suo giardino recintato e il suo laghetto cristallino. Queste case erano costruite con una tecnica strana, poiché in nessun’altra città vi erano abitazioni come quelle. I viaggiatori di Thraa, Ilarnek e Kadatheron si stupivano di fronte allo splendore delle cupole che le sormontavano.
Ma più stupefacenti ancora erano i palazzi e i templi, e i giardini fatti costruire da Zokkar, l’antico re. Vi erano numerosi palazzi, più maestosi di quelli di Thraa, Ilarnek o Kadatheron, e così alti che chiunque vi si trovasse all’interno aveva talvolta la sensazione che sopra di lui vi fosse solo il cielo. Quando le torce intrise nell’olio di Dother ne illuminavano le pareti, si ammiravano vasti dipinti raffiguranti re ed eserciti, e questi erano di uno splendore che al tempo stesso esaltava e sbalordiva l’osservatore. Molte erano le colonne dei palazzi, tutte di marmo colorato, e intarsiate con raffigurazioni di insuperata bellezza. Nella maggior parte dei palazzi i pavimenti erano mosaici di berillio, lapislazzuli, sardonice, carbonchio e altri materiali pregiati, disposti in maniera tale che l’osservatore potesse immaginare di incedere sopra un letto di fiori rarissimi. Di medesima bellezza erano le fontane, che profondevano acque fragranti in deliziosi zampilli disposti con raffinata arte. A offuscare ogni altro splendore era il Palazzo dei Re di Mnar e delle terre confinanti. Una coppia di leoni d’oro sorreggeva il trono che si innalzava di diversi gradini al di sopra del pavimento risplendente scolpito in un unico blocco di avorio, sebbene nessuno abbia mai potuto sapere da dove sia giunto un simile portento. quel palazzo vi erano anche molte gallerie, e molti anfiteatri dove leoni, uomini ed elefanti si affrontavano per il piace dei re. Talvolta gli anfiteatri venivano inondati d’acqua proveniente dal lago e lì convogliata attraverso un possente sistema di acquedotti. Lotte sottomarine avvenivano allora tra nuotatori e mostruose creature marine.
Altissimi e Stupefacenti erano i diciassette templi di Sarnath, simili a torri e costruiti con brillante pietra Policrome sconosciuta altrove. Il più grandioso tra essi raggiungeva un’altezza di ben mille cubiti, e tra le sua mura dimoravano sommi Sacerdoti, in un fasto secondo soltanto a quello de re. Al pianterreno si ammiravano immensi saloni, magnifici per vastità e splendore quanto quelli dei palazzi. Lì vi si radunavano le moltitudini in adorazione di Zo-Kalar Tamash e Lobon, le divinità principali di Sarnath, i cui altari incensati non avevano nulla da invidiare ai troni dei monarchi Dissimili dalle effigi degli altri dei erano quelle di Zo-Kalar Tamash e Lobon, giacché esse sembravano così vive da far pensare a chi le osservasse che quelle graziose divinità barbute fossero realmente sedute sui troni d’avorio risalendo infiniti gradini di zircone si giungeva alla stanza in cima alla torre da dove, durante il giorno, i sommi Sacerdoti osservavano la città, le pianure e il lago; e di notte contemplavano l’enigmatica luna e i pianeti e le stelle, e il loro riflesso nelle acque del lago. Era là che si celebrava l’antico rito contro Bokrug la detestata Lucertola delle Acque, e là era custodito l’altare di crisolito che recava il segno della Condanna tracciato da Taran-Jsh
Ugualmente meravigliosi erano i giardini fatti da Zokkar l’antico re. Ricoprivano una vasta area al centro di Sarnath ed erano circondati da un alto muro. Erano sormontati da una maestosa cupola di vetro, attraverso la cui trasparenza brillavano il sole, la luna e gli astri quando il cielo era terso, e da cui pendevano fulgide immagini del sole, della luna e dei pianeti quando era nuvoloso. In estate i giardini erano rinfrescati da brezze odorose che grandi ventagli spandevano abilmente nell’aria; in inverno erano riscaldati da fuochi nascosti, e in tal modo in quei giardini era sempre primavera. Su ciottoli lucenti scorrevano ruscelletti a solcare verdi praticelli e giardini variopinti, passando sotto una moltitudine di ponti. Qua e là scrosciavano cascate, e molti erano i laghetti punteggiati da ninfee nei quali quei ruscelli si gettavano. Sui corsi d’acqua e sui laghetti fluttuavano bianchi cigni, mentre il cinguettio musicale di rari uccelli si univa alla melodia delle acque.
Sorgevano verdi alture ordinate in simmetriche terrazze, adorne qui e là di pergolati di viti e fragranti boccioli, e di sedili e panchine di marmo e porfido. Non mancavano tempietti e santuari dove sostare per riposarsi o pregare dinanzi alle piccole immagini di divinità.
Ogni anno si celebrava a Sarnath la festa della distruzione di Ib, e in questa occasione abbondavano vino, canti, balli e divertimenti di ogni genere. Grandi onori venivano resi agli spiriti di coloro che avevano annientato gli antichi e strani esseri, mentre alla memoria di questi e dei loro antichi dei irridevano i danzatori e i liutisti col capo cinto di corone di rose colte dai giardini di Zokkar. I re, a loro volta, guardavano sprezzanti il lago e maledicevano le ossa dei morti che giacevano nelle sue acque.
Da principio i sommi Sacerdoti non approvavano queste celebrazioni, perché erano giunti alle loro orecchie strani racconti sulla sparizione dell’idolo in pietra di color verde mare e di come Taran-Ish fosse morto di paura lasciando l’estremo monito Si diceva anche che a volte, osservando il lago dalle alte tori, si vedevano luci brillare tra le acque. Ma trascorsi molti anni senza calamità, anche i Sacerdoti si unirono alle orge dei festanti, sbeffeggiando e bestemmiando come gli altri. Dopotutto, non avevano anche loro celebrato nell’alta torre l’antichissimo rito segreto di odio verso Bokrug, la Lucertola delle Acque? E mille anni di opulenza e diletto trascorsero su Sarnath, la Meraviglia del Mondo.
Magnifica oltre ogni immaginazione fu la celebrazione del millesimo anno dalla distruzione di Ib. Per un decennio se n’era parlato nella terra di Mnar, e man mano che l’evento si avvicinava giungevano a Sarnath uomini in groppa a cavalli, cammelli ed elefanti provenienti da Thraa, Ilarnek e Kadatheron, e da tutte le città della terra di Mnar e dei territori circostanti Davanti alle mura marrnoree, nella notte convenuta, furono montate le tende dei viaggiatori e i padiglioni per i principi. Nel salone del banchetto giaceva Nargis-Hei il re, ubriaco del vino invecchiato, prelevato dalle grotte della conquistata Pnoth e Circondato da nobili convitati e schiavi indaffarati Si mangiarono a quel banchetto molte insolite e prelibate ghiottonerie, pavoni dalle lontane colline di Implan, zoccoli di cammello del deserto di Bnazic, nocciole e spezie dei boschi sydatriani, e perle provenienti da Mtal bagnata dalle onde, disciolte nell’aceto di Thraa. Di salse ne fu servito un numero incalcolabile, preparate dai più raffinati cuochi di tutta la terra di Mnar, e tali da soddisfare il palato di ogni convitato. Ma il più prelibato di tutti i cibi furono i rossi pesci del lago, enormi e serviti su vassoi d’oro incastonati di rubini e diamanti.
Mentre il re e i suoi nobili banchettavano nel palazzo, pregustando la prelibata pietanza che li aspettava sui vassoi arati, festeggiamenti avevano luogo altrove. Nella torre del grande tempio i Sacerdoti gozzovigliavano, e nei padiglioni all’interno delle mura i principi delle terre limitrofe si davano a orge. Fu il sommo Sacerdote Gnai-Kah a vedere per primo le ombre che discesero nel lago dalla falce dì luna, e le prime orride nebbie verdi che si levarono dal lago per incontrare la luna e avvolgere in una foschia sinistra le torri e le cupole di Sarnath, la città condannata. Poi, coloro che si trovavano nelle torri e fuori le mura videro strane luci sull’acqua, e la roccia grigia Akurion che soleva innalzarsi superba presso la riva, quasi sommersa. Un vago senso di terrore si insinuò veloce in loro, e i principi dì Ilarnek e della lontana Rokol smontarono e ripiegarono tende e padiglioni e alla svelta partirono, sebbene loro stessi non sapessero spiegarsi il motivo di quella frettolosa partenza.
Poi, quasi allo scoccare della mezzanotte, si spalancarono tutte le porte di bronzo di Sarnath e moltitudini impazzite si riversarono fuori da esse, offuscando la pianura. Di fronte a ciò principi e viaggiatori fuggirono via in preda alla paura. Perché sui volti dei fuggitivi era impressa la follia di un orrore insopportabile, e dalle loro bocche scaturivano parole così terribili che nessuno osava fermarsi per verificarne la veridicità. Uomini con occhi stravolti dal terrore urlavano di quanto avevano visto nella sala del re, dove, attraverso le finestre, non si scorgevano più le figure di Nargis-Hei e dei suoi nobili e schiavi, ma un’orda di verdi creature mute e indescrivibili, con occhi sporgenti, labbra molli e strani orecchi. Esseri che danzavano orribilmente, recando tra le zampe vassoi dorati incastonati di rubini e diamanti dai quali ardevano magiche fiamme. E i principi e i viaggiatori in fuga da Sarnath, la Città Condannata, si volsero dalle loro cavalcature per guardare nuovamente il lago dal quale esalavano le verdi nebbie e la grigia roccia Akunion, ormai del tutto sommersa.
Per tutta la terra di Mnar e le terre confinanti si diffusero i racconti di coloro che erano fuggiti da Sarnath, e le carovane smisero di visitare la città maledetta coi suoi preziosi metalli. Passò lungo tempo prima che qualcuno giungesse fino alla città, e quando ciò avvenne fu soltanto a opera di giovani coraggiosi e avventurosi dai capelli biondi e dagli occhi azzurri, uomini che nessuna affinità legava agli abitanti della terra di Mnar. Costoro si spinsero fino al lago per vedere Sannath, ma, pur trovando la distesa d’acqua e la grigia roccia Akurjon che alta si erge presso la riva, non poterono contemplare la meraviglia del mondo e l’orgoglio dell’umanità.
Dove un tempo erano sorte le mura alte trecento cubiti e si erano innalzate torri più alte ancora, ora si stendeva soltanto la spiaggia paludosa, e dove un tempo avevano dimorato cinquanta milioni di uomini strisciava adesso l’orribile lucertola delle acque.
Nulla era rimasto neppure delle miniere di metalli preziosi. La CONDANNA aveva Colpito Sarnath.
Semi sepolto tra le canne fu scorto un curioso idolo verde, Un’antichissima scultura raffigurante Bokrug, la grande Lucertola delle Acque. Quell’idolo custodito nell’alto tempio a Ilarnek, fu adorato nelle notti di luna in tutta la terra di Mnar.